Si parla spesso di bullismo: di quella prepotenza perpetrata nel tempo e così dolorosa per chi la subisce. Quella immotivata tracotanza che porta la vittima a mettersi in dubbio, a vacillare sulla immagine e pensiero di se’, a soffrire per un’ingiusto attacco senza senso. Sento, ancora, molti miei coetanei adulti, che liquidano la questione dicendo che “ Il bullismo c’è sempre stato, è successo anche a me eppure sono qui!”. Come a giustificarlo come rito squalificante di iniziazione e passaggio di crescita. In questi giorni riflettevo su tutto questo, sul passato e sul presente della prepotenza gratuita. Quando ero adolescente, per i ragazzi c’era, ancora, l’obbligo del servizio militare, che ora non c’è più ed anche in quel frangente le sopraffazioni erano perpetrate. Le forme di prevaricazione e prepotenza non possono essere mai sminuite, giustificate ed accettate. Mi sono quindi chiesta cosa renda il bullismo, oggi, più devastante sulla persona, rispetto a come era quaranta anni fa. La prima cosa che mi è venuta in mente e’ che quando ero giovane vivevamo moltissimo l’esterno rispetto alla nostra casa, con gli amici avevamo luoghi di incontro come la parrocchia, il campetto, il muretto, la piazza. Passavamo molto tempo insieme a coetanei ed a persone più grandi di noi. Quando qualcuno di altri gruppi ci attaccava verbalmente o attivamente, era tutto il gruppo che si mobilitava, compatto, fino a che l’ordine era ripristinato. Questo faceva si’ che i componenti del gruppo si sentissero protetti e tutelati. Oggi questo non avviene, molti ragazzi non fanno parte di gruppi ma sono e si sentono soli, anche nell’affrontare tutte le prepotenze subite che vivono come atti senza fine. Quindi faticano ad uscire dal silenzio del dolore per farsi aiutare e chi è spettatore, purtroppo, si gira dall’altra parte. Inoltre il cyberbullismo aggrava maggiormente la situazione perché l’arroganza corre tra i nodi della rete come un virus incolore, insapore che si diffonde velocemente. Che fare? Bisogna uscire dal silenzio, parlare, urlare il proprio dolore, affidandosi ad adulti competenti e capaci di intervenire per spezzare la prevaricazione. Educare chi è prepotente, avvolgere e sanare il dolore di chi lo subisce. E bisogna smettere di girarsi da un’altra parte quando una persona è in difficoltà ma intervenire perché la vittima non sia mai più sola!
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