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C’è solo dentro… le dimensioni personali nelle realtà atipiche



Realtà, virtualità…

Tra i vissuti di realtà concreta ce ne sono alcuni atipici.

Definirei atipici tutti quelli che non scegliamo, ci sono imposti, li viviamo per un lasso di tempo più o meno breve.

Pensiamo alla vita in ospedale: quando si è pazienti, malati, in un attimo ogni dimensione personale autonoma viene azzerata all’istante. Si diventa, per un lasso di tempo, più o meno lungo, un pesce in un grande acquario. Visibile nella propria sfera personale in ogni attimo. Vengono stravolti gli orari consueti, ci sono i tempi delle cure, della pulizia, i tempi del reparto. La notte è più giorno del giorno. La percezione del tempo che scorre si distorce in un immenso continuum senza fine.

C’è il dolore, perché se si è pazienti non può che esserci tale dimensione.

C’e’ un aspetto, che è importantissimo: si entra in una dimensione in cui si vive solo ciò che c’è dentro.

Il fuori è precluso, ad un passo, quasi raggiungibile allungando una mano ma senza riuscire ad afferrarlo. Chi sta dentro pensa a cosa accada fuori. Il fuori continua il suo ciclo, quasi incurante della realtà dentro. Ritmi abbastanza autonomi fuori, ritmi imposti dentro.

Dopo lunghe degenze si torna fuori, nella realtà consueta, eppure qualcosa è cambiato, si è passati per la strada dentro, rimane memoria di quei ritmi, di quei tempi scanditi ordinatamente. Permane quella sensazione di non poter uscire, di dover star dentro, costretti lì, anche se il fuori è ad un passo…


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